<$Achab, Moby Dick, credit crunch$>

Monday, October 30, 2006

Berlusconi e la piazza

E così, Silvio Berlusconi ha lanciato la sua sfida al Governo e si appresta a "scender in piazza" per il 2 dicembre.
Che bello...finalmente tira fuori i cog.... Quasi quasi prendo il biglietto del torpedone e vado a fare la scampagnata di dicembre....peccato non averla pianificata il 7 così allungavo il ponte dell'Immacolata!! Vedrai che titoloni al telegiornale!!!
Putroppo, però, quando guardo le cose per quello che sono, come elettore di centro-destra l'iniziativa del Cavaliere non mi piace. Anzi, mi deprime.
La "piazza" funziona se l'entità contro cui ti scagli non si è ancora misurata con l'opposizione.
Ma questa volta, abbiamo alle spalle 5 anni di Governo di Centro-Destra e la gente (quella vera e non quella reclutata dai militanti) alcune domande se le pone.
Per esempio, di getto, da semplice liberale, invio a Silvio 4 "semplici" domande:
1) perchè, negli anni del tuo Governo, non hai decisamente ridotto il Debito Pubblico italiano?
2) perchè non hai riformato gli ordini professionali?
3) perchè non hai pigiato sull'accelleratore della riforma previdenziale?
4) perchè hai fatto votare questa vergognosa legge elettorale che ci ha fatto tornare indietro di 20 anni?
Ho 34 anni. Berlusconi ne ha 70. Io, con chi viene dopo di me, siamo la futura "piazza"...quella vera...quella che potrà dare un futuro al Centro-Destra.
Ma, ad oggi, al di là delle solite giaculatorie mediatiche, non ho sentito nessuna proposta concreta. Il Centro-Destra è pieno di uomini e donne senza pensiero...soldatini alla corte del Re ma incapaci finanche di pensare a una Riforma Liberale dello Stato ITALIANO.
Il Centro-Destra finirà (se già non lo è) nel tunnel del populismo se non si libererà dal Cavaliere e dalle sue tossine.
E' ora che i veri liberali si rendano conto che Berlusconi è figlio della crescita economica "a debito"degli anni '80 e non ha in sè nè la spinta ideale nè gli stimoli giusti per poter condurre la Rivoluzione liberale di cui questo Paese ha bisogno.
I risultati del suo Governo lo dimostrano.
Il panorama, a Destra, diventa poi desolante se solo penso ai "contributi" che Berlusconi elargisce ai suoi "alleati" e che abbattono qualsiasi spirito critico.
Se continua così, i veri liberali saranno schiacciati tra la sinistra massimalista e il populismo di destra...ma è questo che desideriamo per la nostra Patria?
FIRMATO: un ex elettore di Silvio Berlusconi.

Sunday, October 22, 2006

"America drops, Asia shops"...are you sure, Sir?

"Why the American slowdown won't stop the world".

Così titola il nuovo numero dell'ECONOMIST dando l'avvio, sulla piazza mediatica globale, alle previsioni su come l'Economia mondiale reagirà alla frenata degli STATI UNITI.

Già nel titolo c'è una notizia. Mentre fior fiori di economisti e editorialisti stanno discutendo se il calo dei prezzi immobiliari sia l'inizio di un rallentamento statunitense (dopo anni di vacche grasse), l'ECONOMIST lo dà già per scontato e, addirittura, adombra la possibilità di una fase recessiva per la fine del 2007.

Ammetto di provare un leggero compiacimento dato che, chi mi conosce, sa quanto stia sostenendo da tempo (anche da questo blog) l'ineluttabilità di un rallentamento degli STATI UNITI.

Tuttavia, l'identità di vedute tra me e l'ECONOMIST finisce qui (scusate se mi metto allo stesso livello dell'ECONOMIST ma ormai sono ebbro di scalfariana auto-referenzialità...il tempo di un post...).

Con una certa fermezza, la rivista britannica sviluppa la tesi secondo la quale l'Economia mondiale, questa volta, farà a meno della "locomotiva STATI UNITI". La panacea di tutti i mali sarebbe il crescente livello della domanda interna asiatica che porterà a sostituire, come attivatore della Crescita, il "consumatore a stelle e strisce" con il "consumatore giallo".

Ma scorriamo gli argomenti della tesi (pagg. 81-83 della rivista).

1) IN TERMINI DI "PARITA' DI POTERE D'ACQUISTO", NEGLI ULTIMI 5 ANNI L'AMERICA HA CONTATO SOLO PER IL 13% DELLA CRESCITA DEL PIL GLOBALE.

L'ECONOMIST sottolinea con forza che questo parametro è più affidabile di quello calcolato in termini del valore assoluto in "dollari correnti" (in questo caso il contributo dell'America sarebbe al 19%), dato che con un dollaro in VIETNAM si compra molto di più che con un dollaro negli STATI UNITI.
Vero ma...che cosa si compra in VIETNAM con un dollaro?
Ho trascorso un anno e mezzo della mia vita in Argentina quando il peso aveva un valore pari a un terzo dell'euro. Andavo a lavoro con le polo LACOSTE comprate a 90 pesos quando in Italia costavano 99 euro (nelle svendite). Per l'Argentina ero "ok" ma per l'Italia mia madre avrebbe impiegato una semplice occhiata per capire che ero stato "fregato". Infatti, forse a causa della qualità del cotone, la mia LACOSTE argentina al terzo lavaggio di lavatrice assomigliava ad una t-shirt comprata al mercatino americano di Livorno.
Ciò che voglio affermare è che non conta solo quanti soldi hai e spendi, ma quanto "valore" acquisti...e, spesso, il valore, anche a parità di prezzo, non è uniforme.

2) E' VERO CHE LE ESPORTAZIONI CINESI RAPPRESENTANO IL 40% DEL PIL MA HANNO UNA FORTE COMPONENTE D'IMPORT; SOLO UN 25% DEL VALORE ESPORTATO E' AGGIUNTO LOCALMENTE.

Anche in questo caso non si può prescindere dalla "qualità" del numero. L'import cinese è in gran parte import di materie prime (dal Sud America e dall'Africa) che consentono di costruire e assemblare proprio quei manufatti esportati in Occidente. Per questi tipi di prodotto, il tasso di elasticità tra domanda e offerta è alto ed è molto facile passare nel giro di qualche mese a una caduta verticale del loro valore (...e del PIL). Anche se la domanda interna cinese rimane alta, è tutto da dimostrare se il "valore" di ciò che i cinesi comprano rimane stabile.

3) LA RAGIONE PRINCIPALE PER CUI IL TASSO TOTALE DI RISPARMIO DELLA CINA APPARE COSI' ALTO E' PERCHE' LE AZIENDE CINESI HANNO RISPARMIATO UNA FETTA MOLTO PIU' GRANDE DEI LORO "BOOMING PROFITS".
In questo caso, l'ECONOMIST cerca di dimostrare che non è vero che il "consumatore giallo" risparmi a discapito della Crescita economica mondiale. I valori sono "sporcati" dagli alti investimenti in "capitale fisso" delle Aziende cinesi.
Ma si è chiesto l'ECONOMIST come la Cina stia effettivamente investendo il surplus di liquidità che si ritrova a gestire?
Per rispondere alla domanda mi appoggerò al parere di JIM JUBAK che, sulle pagine di http://moneycentral.msn.com/home.asp, ha cercato di rispondere alla domanda.
Quando hai a disposizione molta liquidità (dollari provenienti dalle esportazioni e dagli investimenti overseas), devi saperli investire bene altrimenti rischi di buttarli al vento.
"Investire bene" significa mettere i dollari in qualcosa che ti dia un adeguato tasso di ritorno.
Alcuni indicatori importanti, ci dicono che questo non sta succedendo. La Cina sta investendo in "carrozzoni statali" , sul mattone selvaggio e in sovracapacità produttiva (come nel caso dell'industria dell'acciaio). Errori tipici di un Capitalismo giovane.
Se la crescita mondiale dovesse frenare, questa enorme quantità di "Capitale fisso" peserà moltissimo sui cinesi.
Mi permetto di fare un esempio terra terra che rende bene l'idea.
Durante il boom economico "a debito" degli anni '80, mio padre ha investito molto nel mattone, al di sopra delle reali necessità della famiglia. Durante questi anni di "vacche magre", l'investimento fatto si è rivelato una continua fonte di esborsi, insostenibili in un quadro famigliare fatto di lavoratori dipendenti. Si è dovuto "svendere" per far rimanere stabile il tenore di vita....però il capitale ha perso valore.
Il punto 3) nasconde un ulteriore problema, a me molto caro. L'investimento in "carrozzoni statali" è spesso un investimento obbligato affinchè il partito comunista continui a mantenere le sue posizioni di forza. E' la grande contraddizione del Capitalismo in "salsa gialla" per la quale l'Occidente non è esente da colpe.
Sono convinto che lo stato totalitario non può convivere con il Capitalismo diffuso. Per adesso la Cina mi ha smentito ma prima o poi i nodi verranno al pettine.
Non è da escludere che una crisi economica e monetaria genererà dei tumulti interni molto forti e difficili da controllare.
Per quanto sopra, nutro forti dubbi sulla visione ottimistica dell'ECONOMIST.
Il tempo è galantuomo e dirà se avranno avuto ragione i consiglieri economici della rivista o i "doomsayers" come JUBAK.
Io sono dalla parte di quest'ultimi.
Anche perchè, volendo essere maligni, ho l'impressione che qualcuno presso la CITY londinese incominci a porsi il problema di come scaricare dal proprio portafoglio alcuni "investimenti cinesi".
Passo nr. 1: un articolo ben confezionato su una rivista autorevole per rassicurare i risparmiatori.
A buon intenditor....
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fonti:
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Stamattina mi sono accorto che gli aggregatori di TOCQUE-VILLE avevano pubblicato il mio post prima della mia segnalazione. Purtroppo il post ancora non era chiuso e l'ho modificato. Chiedo scusa con i lettori per il mio errore. Ringrazio TOCQUE-VILLE per la solerte attenzione dedicata al mio blog.

Friday, October 20, 2006

E' ora di dire qualcosa di scomodo.

Tra coloro che nel 2001 votò Berlusconi, c'era una categoria di elettori che confidava nella capacità del Cavaliere di diminuire il Debito Pubblico dell'Italia.
Io ero tra questi e, con mio grande dispiacere, ho dovuto constatare negli anni che mi ero sbagliato.
Adesso, pian piano, i nodi stanno venendo al pettine.
Il recente declassamento dei Conti pubblici italiani da parte delle Agenzie di rating, non fanno altro che consuntivare anni di inerzia politica sul fronte della diminuzione delle spese correnti.
La finanziaria di Prodi, sul fronte spese, è l'ennesimo fallimento del sistema ITALIA ma è solo l'ultimo anello della catena. Il Debito Pubblico italiano è stato costruito negli anni del Pentapartito, dalla fine degli anni '70 fino a tutti gli anni '90. Da una parte ha consentito all'Italia di godere di un boom economico "a debito" basato sui bassi costi di produzione derivanti dalle svalutazioni monetarie dall'altra, giorno dopo giorno, ha posto delle serie ipoteche sulla testa delle future generazioni (compresa la mia).
Quando Berlusconi è salito al potere nel 2001, tutto questo si sapeva ma il Governo non ha mai realmente messo mano sulla spesa pubblica.
Anzi, qualcuno "dei nostri" si vanta che, sotto il Governo Berlusconi, la spesa sociale non è stata toccata (quanta poca strategia e quanta troppa tattica...).
Non solo.
E' qualche volta passato il messaggio che l'Italia potesse riprendere il discorso interrotto negli anni '80, costruendo un nuovo boom economico sul debito prendendo, come esempio, gli STATI UNITI.
Non voglio argomentare sul discorso ITALIA=STATI UNITI in quanto sarebbe troppo facile infierire. Ricordo solo che, in Economia, le scelte vanno fatte relativizzando il contesto rispetto agli asset di bilancio.
Mi spiego.
Se la TELECOM, a fronte del debito che ha, annunciasse di assumere Personale (e quindi aumento dei costi fissi) sul fronte della gestione del "doppino telefonico", tutti prenderebbero per matto l'Amministratore delegato (giustamente).
Allo stesso modo, se con i conti dell'Italia si annunciano nuovi investimenti (spesso su fronti di obsolescenza come nel caso delle televisioni) senza, allo stesso tempo, diminuire le spese che generano il Debito....(lascio concludere al lettore)
Berlusconi e la Casa delle Libertà non hanno avuto coraggio (questa è la spiegazione migliore che mi sono dato). Hanno cercato di far quadrare il cerchio, gestendo, al meglio, ciò che si stava incancrenendo.
Berlusconi non ha perso le elezioni perchè non ha saputo comunicare, ha perso le elezioni perchè non ha saputo riformare. E le Riforme liberali non si fanno senza scontri sociali (purtroppo). L'occasione persa è ancora più bruciante se si pensa alla maggioranza parlamentare di cui il Cavaliere ha goduto.
La Thatcher ha avuto coraggio ed è stata rieletta. Berlusconi no.
Ho già avuto modo di ricordare che se la Destra vuole crescere deve porre al centro del suo programma l'abbattimento del Debito Pubblico italiano e focalizzarsi sulle Riforme liberali, avendo il coraggio di sostenere delle tesi scomode (anche nei confronti del proprio elettorato).
Solo così si può ipotizzare un'ITALIA più sana e più efficiente.

Thursday, October 05, 2006

IlSole24Ore: che pena....

Come ogni mattina apro la home page de ilSole24ORE per tenermi aggiornato su come vanno le cose in Italia.
Però, mano a mano che scorro i titoli, il caffè mi va di traverso e mi sorge un'inaspettata voglia di lavorare piuttosto che abbeverare il mio cervello.
Vi faccio la carrellata (che potete fare voi stessi).
Montezemolo:"Troppe tasse sulle imprese"....Luchino! e che ti aspettavi dalla Sinistra...Non sarà che hai sbagliato un po' di calcoli nel tuo appoggio elettorale.
Giovedì e venerdì scioperano i giornalisti. No comment...anche perchè ci sarebbe da scrivere pagine intere sulla opportunità dell'Ordine dei giornalisti. Che poi scioperino i giornalisti del SOLE...
Colaninno (figlio):"Energia e turismo scelte strategiche per il Sud". E' il secondo figlio di papà della pagina. Per giunta, questo qui ci fa la lezioncina sulle scelte strategiche... molto originali direi!! Chissà se ha una storia d'amore con la figlia di Marcegaglia?...a pensarci bene, no. Mantovani e bresciani non vanno molto d'accordo...
Cimoli accusa:"Mercato ostile ad Alitalia, il Governo intervenga". Se prima ero preso dallo sconforto, questa notizia mi fa incazzare. Cimoli, VAI A CASA!!! Non voglio pagare un soldo di più per l'Alitalia.
In fondo, molto in fondo, c'è la notizia più importante per i riflessi che ha sulla gente e le imprese.
"Tassi BCE: in arrivo l'aumento di 1/4 di punto al 3,25%".
Ho sempre reputato ilSOLE24ORE una fonte autorevole, specchio e megafono della classe dirigente italiana.
Se è così, vi rendete conto di come siamo messi?

Tuesday, October 03, 2006

TELECOM ITALIA: il mito del cash-flow

Qualcuno si ostina ad affermare che il debito netto della TELECOM è sostenibile perchè l'azienda produce utili altrettanto importanti.
Spero che questo "qualcuno" non sia spinto da interessi equivoci (piazzare azioni??) dato che, a rimetterci, con queste informazioni, sono solo gli investitori e/o consumatori.
La situazione, descritta con indicatori acidi, è questa:
  1. TELECOM Italia dichiara un debito netto di 41,3 miliardi di euro nella relazione semestrale dello scorso 11 settembre 2006 (la recente FINANZIARIA del GOVERNO PRODI ammonta ad un valore stimato di 33,4 miliardi di euro)
  2. Le VENDITE ammontano a 15,3 miliardi di euro
  3. L'EBITDA è ad un livello di 6,5 miliardi di euro
  4. L'EBIT è a 3,8 miliardi di euro
  5. Il rapporto EBIT / VENDITE è pari al 24,8%
  6. Il rapporto EBITDA / VENDITE è pari al 42,4%

Il punto 5. ci dice che l'Azienda crea un valore aggiunto pari a circa il 25% delle sue vendite. Non ho fatto un'analisi di benchmark nè un'analisi dell'evoluzione a storico e, quindi, potrei sbagliarmi. Tuttavia mi sembra un buon valore.

Il problema è che, ipotizzando vendite costanti nell'arco dell'anno, l'EBIT è pari a solo il 18% (3,8*2/41,3) del debito netto!!!! Bisogna mungerne di vacche per poter ritornare ad una situazione di relativa stabilità!!!*

Il problema è che mungere le vacche non è più così semplice come nel passato.

Il mercato delle telecomunicazioni è diventato molto difficile.

Per esempio: qualche lettore sa indicarmi quale sia la tecnologia vincente, ammesso che ci sia, tra parabola, wireless, digitale terrestre, telefonia mobile, cavo elettrico, cavo ottico e....doppino telefonico? Si aggiunga l'ulteriore variabile dei vari "protocolli" utilizzabili che aumentano a dismisura le possibili soluzioni.

In un quadro di questo tipo, le aziende di telecomunicazioni sono chiamate a forti investimenti, accettando anche eventuali fallimenti, al fine di trovarsi pronte a fronteggiare la domanda. Ma tale esigenza implica un profilo aziendale tipico di una holding grande (ma questo la TELECOM Italia lo è) e continuamente disposta a investire nelle nuove tecnologie.

Secondo voi, con il debito che ha, la TELECOM Italia è in grado di investire in R&D?

Secondo me, no. Anche se si mette a ripianare il debito, l'Azienda perderà alcuni anni che, in un mercato come quelle delle telecomunicazioni, possono essere secoli. Il Tronchetti Provera si trova ad avere tra le mani una bella patata bollente. Nel giro di pochi mesi le VENDITE potrebbero drammaticamente ridursi e la I, la D e la A dell'EBITDA potrebbero drammaticamente aumentare.

Si aggiunga che Tronchetti Provera non ha il profilo di un industriale ma, forse, quello di un finanziere. E questo, per qualche serio investitore, rende le cose ancora più preoccupanti.

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*Alcuni analisti ritengono che un piano di rientro di 5 anni non è una situazione preoccupante. Io non sono d'accordo e lo spiego nel seguito del post.