<$Achab, Moby Dick, credit crunch$>

Monday, June 30, 2008

Sarà dura

Alla fine Trichet ha aumentato il tasso di interesse di un quarto di punto.

Ha fatto bene? quali effetti si avranno? quali i rischi?

E' opinione di questo blog che Trichet abbia fatto tendenzialmente bene (nota 1). Dovendo trovare una metafora, la BCE ha fatto "arrocco", una mossa difensiva che, in futuro, potrà consentire ulteriori e preziosi spazi di manovra.

Le spinte inflazionistiche sono forti e difficilmente controllabili. I prezzi delle materie prime stanno pericolosamente aumentando; se su questo trend si innesta il circolo vizioso della ricorsa prezzi-salari si potrebbero aprire baratri simili a quelli vissuti negli anni '70.

Anzi, peggiori, tenendo presente che, questa volta, l'incremento dei prezzi delle materie prime sembra determinata da una crisi dell'Offerta più strutturale che contingente.

Qualora i fondamentali dell'economia europea dovessero entrare in crisi (prospettiva più che probabile), la BCE avrà qualche margine in più per alleviarla.

L'effetto immediato che dovrebbe avere questa decisione sarà un rafforzamento dell'Euro sul dollaro. Trichet & C. dovranno monitorare la situazione con molta attenzione.

Infatti, fino a che punto l'Euro può apprezzarsi rispetto al Dollaro senza innescare effetti negativi sull'economia europea? un euro a 1.7 /1.8 sul dollaro è sostenibile tenendo presente le dimensioni relative tra i due mercati?

Una moneta troppo forte aumenta il deficit commerciale (specialmente in un mondo senza barriere come il nostro) ; una situazione sopportabile a medio termine per chi ha un debito pubblico sano come la Germania ma devastante per chi ha le casse dello Stato disastrate come l'Italia (nota 2).

Soprattutto se si tiene presente che, nella prospettiva a medio/lungo termine di un aumento del prezzo e/o scarsità delle materie prime, rientrare dal Deficit Commerciale sarà sempre più difficile come dimostrano gli ultimi dati dell'andamento del Deficit commerciale statunitense.

C'è un secondo aspetto da non sottovalutare; l'aumento del tasso di interesse deprimerà gli investimenti in una situazione in cui il mondo finanziario è già fortemente in crisi a causa della Finanza creativa, dal commercio "senza se e senza ma" con Paesi non maturi e, quindi, della speculazione ai danni del cittadino consumatore (visto solo come consumatore...ahimè!!).

Investimenti bassi o nulli significano un aumento della disoccupazione e della tensione sociale. Ancora una volta, l'Italia è un Paese molto a rischio.

In questo quadro, non certo facile, è necessario sperare che Paesi come la Cina e l'India diventino un po' più responsabili aumentando il valore delle loro Monete (con un effetto equilibrante sull'economia mondiale) e togliendo o calmierando gli incentivi "droganti" sulle materie prime (allentando la domanda e, quindi, dando sollievo all'offerta).

A logica, nei prossimi mesi la BCE avrà un comportamento da una parte attendista, monitorando giornalmente la situazione macroeconomica ed eventualmente dando sollievo con qualche piccolo taglio del tasso di interesse, dall'altra parte molto attivo nel convincere le controparti dei Paesi emergenti ad essere un poco più maturi sul fronte macroeconomico.

Speriamo bene, perchè sarà dura...molto dura....

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nota 1; a onor del vero, questo blog non era d'accordo con un ulteriore rialzo dei tassi. Era più per un leggero allentamento. Però, secondo me, gli ultimi dati macroeconomici danno ragione a Trichet. Onore al merito.

nota 2; considerando l'inaspettata salute del tessuto produttivo italiano e la sua capacità di adattarsi alle condizioni di mercato, se negli ultimi 15 anni la classe dirigente italiana si fosse impegnata attivamente nell'abbattimento del Debito Pubblico oggi l'Italia avrebbe potuto essere una seconda Germania. Questi 15 anni di perdita di tempo sono una vergogna ineludibile per l'attuale classe dirigente italiana che le prossime generazioni pagheranno a caro prezzo. L'era di Berlusconi e D'Alema/Prodi è l'era dei falliti.

Saturday, June 07, 2008

E' veramente "Bubble Oil"?

Il panico e i "secondi fini" non aiutano a fare chiarezza. I recenti incrementi del prezzo del petrolio spingono a identificare il "nemico" nella Speculazione internazionale. Pochi analisti, però, portano dei dati a sostegno della loro tesi. Nel nostro piccolo, proviamo a farlo noi.


1) Tra tutti i luoghi di incontro della domanda e dell'offerta, la compravendita del petrolio è uno degli ambiti più difficili per poter fare soldi speculando.

La domanda è rappresentata da "pochi" clienti e molto forti: le raffinerie. L'offerta è rappresentata da "pochi" produttori che, spesso, hanno alle spalle le Istituzioni ufficiali di uno Stato nazionale. Un trader con scopi speculativi deve interporsi tra questi due elefantiache contro-parti sapendo scegliere quando è il momento giusto per "abbandonare il tavolo" dato che, se acquistasse realmente i barili di petrolio, non saprebbe che farsene.

In pratica, lo speculatore deve avere la forza di acquistare tanti contratti futures (normalmente a tre mesi) da portare al rialzo il prezzo del barile ma deve avere anche il sangue freddo di vendere prima di un abbassamento del prezzo oppure quando il prezzo a pronti è più alto di quello a tre mesi (situazione non usuale) (nota 1).

Lungi da noi affermare che non possa esistere la Speculazione sul prezzo del petrolio. Tuttavia è nostra opinione che esistano altri settori dove speculare è più facile (per esempio, il settore immobiliare). In ogni caso, la Speculazione sul petrolio avrebbe "gambe molto corte".

2) Sono passati ormai 9 mesi da quando facevamo presente che, in base ai dati della IEA, l'offerta di petrolio non riusciva a coprire completamente la domanda. Ancora adesso, nell'ultimo rapporto mensile, la IEA fa notare come l'offerta di petrolio stia lentamente calando e riesce a soddisfare appena la domanda

Per una pura legge economica, se da molti mesi l'offerta è sotto stress è inevitabile un trend rialzista dei prezzi.


3) Esistono alcuni elementi oggettivi che spingono a prevedere il prolungamento della crisi dell'Offerta negli anni a venire. Cerchiamo di identificarne alcuni:

3.a) se l'economia del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) continuerà a crescere ai tassi degli ultimi anni (o anche a tassi leggermente inferiori), la Domanda di petrolio è destinata a crescere più rapidamente dell'Offerta. Sappiamo che se il reddito pro-capite raddoppia, il consumo di petrolio aumenta più del doppio ( in modo più che proporzionale) (si legga il paragrafo "Supply & Demand" della Economic Letter della FED Reserve Bank of Dallas di maggio 2008).

3.b) I "Big Projects" attualmente in corso dovrebbero incrementare l'offerta sul breve (/brevissimo - entro il 2008) termine ma la loro capacità non riuscirà a stare al passo della domanda nel medio e lungo termine ( si legga l'articolo del Prof. Hamilton "Oil price fundamentals" sul blog Global Macro Ecomonitor - è richiesta registrazione). Nel soddisfare la Domanda, i "Big Projects" potrebbero essere affiancati da soluzioni alternative come lo sfruttamento delle Tar Sands (sabbie bituminose) canadesi o l'estrazione dal Carbone. Sono comunque processi molto costosi e a forte impatto ambientale.

3.c) Nel tempo, i costi R&D e di processo dei "Big Projects" ma anche i tempi di attivazione stanno costantemente aumentando. Per esempio, negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare del grosso giacimento TUPI, di fronte alle coste del Brasile. Qualora si decidesse di sfruttarlo, i costi sarebbero astronomici, i tempi di sfruttamento non inferiori ad una decina di anni e alcune delle sfide tecniche da superare non ancora perfettamente affidabili ( si parla di 7 km di rig tra condotte e perforazioni sottomarine).

3.d) La maggior parte delle riserve petrolifere sono sotto il controllo di entità Statali non in possesso delle necessarie conoscenze tecniche per aumentare l'attività estrattiva (per esempio, la venezuelana PDVSA, lo Stato del Kazhakistan....). Alcune di queste entità, per motivi geopolitici addirittura frenano l'attività estrattiva (che siano qui gli Speculatori? si legga il successivo punto 4) ).

4) La recente "monetary policy" della Fed ha contribuito ad un forte indebolimento del dollaro, la divisa ufficiale utilizzata nelle contrattazioni del petrolio. Questo blog ha plurime volte criticato questa "policy" anche se questa scelta è stata in parte obbligata tenendo presente che i richiami alla Cina per un rafforzamento dello yuan sono da anni disattesi (...quando si dice Democrazia e Libero Mercato...). Purtroppo, la maggior parte dei Paesi produttori di petrolio hanno una moneta legata al Dollaro. L'indebolimento di quest'ultimo indispettisce i Paesi produttori (si legga "Dollar dilemmas" sull'ultimo numero dell'Economist) che cercano di mantenere inalterati i margini innalzando i prezzi.

E' questa Speculazione? Difficile a dirsi tenendo presente che rispecchia il comportamento "standard" di un qualunque ufficio commerciale di una qualunque azienda che si trovasse nelle stesse condizioni.

Da quanto sopra ritengo che l'attuale aumento del petrolio sia generato più da una crisi dell'Offerta che dalla Speculazione Internazionale anche se è probabile che i Paesi produttori stiano in parte approfittando di questo stress.

Ancora una volta mi trovo d'accordo con il mio "amico" Jim Jubak. L'era del petrolio a buon mercato è finita. Una volta passata la buriana, è probabile che assisteremo ad un periodo di relativa stabilità (uno-due anni) per poi vedere, a meno di forti novità, ulteriori incrementi nel medio-lungo termine (forse molto forti).

Un fattore, però, potrebbe cambiare radicalmente le carte in tavola.

E se ci fosse una crisi della Domanda?

In questo caso entra in gioco la teoria del Decoupling che questo blog ha già affrontato nei precedenti post prendendo le parti di chi sostiene un'imminente crisi economica nell'area BRIC, a partire proprio dalla Cina.

Ma questa (per adesso) è tutta un'altra storia...

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Fonte 1: Federal Bank of Dallas - Economic letter - May 2008 ; "Crude awakening: behind the surge in Oil prices" - 8 meravigliose pagine redatte dall'Istituto di ricerca economica della Federal Reserve di Dallas.

Fonte 2: Oil market Report - a cura della Internation Energy Agency

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nota 1; in questo caso, si parla di situazione tipo "Backwardation" contrapposta alla situazione più normale di "Contango" (prezzi dei future più alti di quelli a pronti). Ad oggi, ci troviamo proprio in una situazione di Backwardation; le raffinerie stanno comprando petrolio a breve termine invece di pianificare a medio-lungo termine. Ciò significa che prevedono di non soddisfare la domanda con gli stock a disposizione. Un'ulteriore conferma della crisi dell'offerta.